Perché scrivo

Mi piacerebbe dimenticare tutto, scomparire sul serio.

Io scrivo… scrivo… perché non posso fare diversamente. Racconto perché soffoco. Racconto per recuperare. Racconto per farmi perdonare. Racconto per farmi amare, io che ho tanto detestato.

Credo di aver fatto pressappoco tutto quello che si può fare. E quel ch’è peggio è che non rimpiango quasi nulla. Tutto quello che ho fatto, se l’ho fatto, è perché non potevo non farlo. Tutto quello che è successo era inevitabile, visto che è successo. Non crederete mica che la storia potesse anche non essere? Non c’è niente che sia più forte della storia. Niente che sia più forte del passato.

E’ una sorta di libertà e necessità. Una cosa semplicissima.
Davanti c’è solo libertà, dietro c’è solo necessità. Ma, sul davanti, c’è molta necessità che si viene a mescolare con i sogni, con le illusioni, con l’ebbrezza della libertà. E, sullo sfondo, un poco di libertà tracima ancora nel ferreo regno della necessità.

Ognuno se la sbriga come può. Io ho cercato di sparire. Mi sono mescolato alla storia. Mi sono nascosto in mezzo agli uomini per farmi dimenticare e non farmi trovare.

Mi sono nascosto in un blog, tra le pieghe di un social network, dentro internet.

La cosa non ha funzionato: il destino non mi ha mai perso di vista. Dalle più lontane galassie, da quegli universi che ruotano lassù a distanze impossibili o al granello di sabbia nella vostra scarpa, il fato non perde mai niente di vista.

No, non scompaio più. Io.
E’ solo che continuo a pensarci.
Ed è un pensiero che non mi dà pace, quando giunge la notte.
E’ un’ossessione, per me, che non diventa mai giorno.
Non so più cosa dire, quando sono colmo di parole da pronunciare.
Non so più cosa fare, quando avrei tanto da dare.
E’ così che gira.
Ma il meccanismo si è ormai rotto.
Ed è tempo di smettere di giocare.

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