In una storia

Stamattina, quando mi sono svegliata, ho acceso il cellulare sperando di trovare qualcosa di tuo; ho letto i tuoi messaggi e ho sorriso dentro di me, perché mi avevi cercata… e per una volta sono stata contenta di non essere io quella che cercava te, quella che aspettava una tua chiamata, che si preoccupava perché non ti trovava.

E ad essere sincera, ieri sera, quando ho spento il cellulare e sono andata a letto un po’ scocciata, una parte di me voleva che tu mi mandassi tutti quei messaggi disperati che ho trovato stamani. Volevo farti soffrire, come a ripagarti di tutte le volte che, anche se tu non te ne accorgi, io soffro la tua mancanza.

Poi stamattina ti ho risposto, cercando di fare l’indifferente. Ma passano quattro ore e tu ancora non mi scrivi. Allora mi assale l’angoscia; inizio a pensare che te la sei presa – giustamente – e allora ti scrivo un messaggio: “Ma ti sei arrabbiato con me? Ti voglio bene”. Ma non faccio in tempo a mandartelo, che tu mi chiami. E io mi sento già meglio.
Ascolto la tua voce, sono calma e un po’ dispiaciuta… e mi sento in colpa per aver anche solo pensato di farti stare male.
Perché quando ti sento così, che hai quella vocina, che stai in silenzio… mi sento male io, e vorrei fare qualsiasi cosa per farti sentire meglio.

Chiacchieriamo. Litighiamo un po’: tu per difenderti dalle mie accuse, io per sentirmi più vicina a te. Puntualmente facciamo la pace, perché mi accorgo di quanto sono sciocca… e perché, nonostante tutto, quando ti sento, la rabbia dopo un po’ svanisce… e voglio solo sentirti dire: “Amore, ti voglio bene. Penso solo a te. Amo solo te. Desidero solo te”.

La tua voce mi placa. Le tue parole mi placano.
E allora subentra il desiderio, il desiderio di averti. Il desiderio di sentirti dentro di me. Il desiderio di sentirmi amata da te.
Allora inizio a sentire caldo…
Sospiro. E vedo continue immagini di me e te che facciamo l’amore…

E tu sei dentro di me.
Sempre.
Continuamente.