Pierino

Esso nacque e sua madre
morì. La Morte per il suo cammino
come è distratta a volte!
dimenticò di prendere il bambino.
Un anno dopo, il padre
riprese moglie, e il bimbo
aveva torto d’esserci. Un buon vecchio
l’esserino accettò, ch’era di troppo.
Chiusi gli occhi tenea nella sua culla
e la boccuccia mezza aperta al sonno;
il vecchio in braccio si recò quel nulla
caldo e divenne madre.
Era suo nonno.

Quando si resta al mondo
un po’ di più, che c’è di meglio a fare
ch’essere mite e buono
essere quello che, via via che passa,
gente ne spera il piccoletto dono?
quello che, gente picchia alla sua porta,
ed ei s’affaccia col pio capo bianco?
quello che prende su ciò ch’ha lasciato
di sé la madre morta?
quello che al bimbo che ricerca il petto
di mamma, e annaspa con le sue manine,
porta la capra che lascia il capretto
sopra le balze alpine?

Dunque Pierino nacque,
fu povero orfanello, ebbe gli occhioni
di cielo col riflesso
del latte, e poi, bel bello,
quel solitario balbettio sommesso
che par la boschereccia d’un uccello:
fu l’angelo ch’è l’uomo,
avanti d’esser uomo; ed il suo nonno
lo contemplava al mo’ che si contempla
un cielo che si dora:
e quel tramonto amava quell’aurora.

Il nonno lo portò nella sua casa
antica e grande in mezzo a un gran giardino.
Oh! quanto verde! Intorno
c’erano peri e meli,
un tremolar di steli,
frulli di foglie e d’ale,
un gridio di cicale,
nel grave mezzogiorno,
e poi, tra lusco e brusco,
i pigolìi sommessi
de’ nidi sui cipressi,
e cinguettìi di polle,
e lo sdrucciolo molle
dell’acqua in mezzo al musco;
era per l’angioletto un paradiso
quell’antico giardino!
Al paradiso s’abituò Pierino.

Sua balia era una capra,
suo fratello di latte era un capretto;
e il caprettino adesso
già facea le sue corse ed i suoi sbalzi:
e il bambino anch’esso
volle incignare i suoi piedini scalzi.
E fece il primo passo
e fatto il primo, volle farne un altro…
un altro… un altro… E via col capo avanti
e con le braccia avanti,
trempellando, nuotando, vacillando
tra le tremule mani del buon avo,
che gli era intorno e gli diceva: «Vieni
op! non ti tengo più… là… là… là… bravo!»
O bei giorni sereni!
Com’erano contenti!
S’udian due risatine a quando a quando,
ch’erano tutte e due la gentil cosa!
ch’erano tutte e due di color rosa
senza biancor di denti.

Egli era il re; suo nonno
era il suo servo. «Babbo, aspetta!» Il nonno
aspettava. « No, vieni ! » Egli veniva.
« Ridi ! » Rideva. « Canta !»
Cantava… O famigliuola
tra i nidi e l’ombre, sola, sola, sola:
l’uno, due anni e l’altro, sugli ottanta!
L’uno diceva l’ultime parole,
l’altro le prime: ed erano le stesse.
Diceva il nonno al bimbo le più care,
le meglio che sapesse,
per farlo compitare:
diceva: « Pierino core del mio core! »
e lui : « Pielino cole del mio cole ! »
Li benediva il sole.

E suo padre? Suo padre
vivea con l’altra moglie: e nella casa
intanto era un novello essere entrato:
a Pierino era nato
un fratello e vagìa nella sua culla;
Pierino non sapeva
e non vedeva nulla;
avea suo nonno, e molto era beato.
Altro per lui non c’era. E suo nonno, una sera,
morì… Non se ne accorse
Pierino; non capì. Spesso suo nonno
gli avea detto : « Pierino
presto, domani forse,
morrò: questo tuo povero nonnino
che ti voleva tanto tanto bene,
non lo rivedrai più…» Sì; ma Pierino
non lo capiva un sonno
che non ha caffè e latte al suo mattino!

Un prete andava innanzi mormorando
le sue preghiere. Verde era e fiorita
la campagna, odoravano le siepi.
Alcuni vecchi raccogliean la voce
del prete con un brontolio discorde.
Una vacca aggiaccata sopra un greppo
li guardò coi suoi grandi occhi materni.
Dietro l’umile cassa era il piccino.
Si giunse al camposanto solitario
cinto d’una macèa verde di felci,
senza cipressi, senza monumenti,
pieno solo di croci e di fiorranci.
S’entrava da un cancello, che la notte
si chiudeva. Alle verdi aste di legno
s’attorcigliava un’edera. Pierino
(perché mai?) si fermò con gli occhi fissi
a riguardare il tremulo cancello.

Dopo due mesi… «Brutto!
sudicio! sporco! Non si può guardare!
Via! Non lo voglio a tavola. Oh! ecco,
io non ci reggo più. Mangia lui tutto!
Domani acqua e pan secco!
Levati, brutto! Vattene, cretino!
Nato male!» A chi parla ella…? A Pierino.

O povero Pierino!
Dopo portato il nonno al camposanto
venne un uomo (suo padre) ed una donna
con un bambino, l’altro. E quella donna
l’aborriva, e Pierino non capiva.
Ma pianse, e quanto! quanto!
S’addormentava a sera
con gli occhi pieni zeppi del suo pianto;
li riapriva a giorno
con una meraviglia nera nera.
«O dov’è?» non appena era veduto,
«che fai costì?» gli si diceva, ed esso
a poco a poco s’appartò nell’ombra:
era come una culla
che si affonda nell’acqua a poco a poco.
Non rise più: gli presero i balocchi
suoi per darli a quell’altro. Non un gioco
più: non parlava più: solo con gli occhi
grandi cercava intorno.
Il cocchino d’un tempo
diventò l’appestato, il maledetto.
Suo padre non vedeva: egli vedeva
con gli occhi della moglie!
Oh! era stato un angioletto; ed ora?…
Gli si diceva: «Al diavolo…» La cosa
però finiva in baci ed in carezze…
oh! non a lui. « Mio bottoncin di rosa!
mia gioia e luce! vita mia! cuor mio!
Io v’ho lassù rubato
il più bello dei vostri angioli, o Dio!
io porto il vostro paradiso in collo! »
Pierino in terra, muto, in un cantuccio,
si ricordava un po’… Quelle parole
non gli eran nuove. Non piangeva. Il viso,
lo smunto suo visino,
voltava in là. Guardava fisso fisso
all’uscio del giardino.

Una sera… Una sera
lo cercano: non c’era
più. Dov’era? D’inverno!
per una nottataccia orrida e buia!
La neve avea coperte
le traccie dei suoi piedi. Ecco, e Pierino
si ritrovò soltanto
sul fare del mattino.
Qualcun nella nottata
avea creduto di sentir per aria
una voce di pianto,
una voce di vento solitaria:
« Papà ! Papà ! Papà ! » Tutto il villaggio
cercò di qua, cercò di là. Pierino
era nel camposanto.
Egli era steso, freddo come pietra,
avanti quel cancello.
Com’era giunto per la gran pianura,
dentro la notte scura,
sino all’entrata? Delle sue manine
una toccava un’asta del cancello.
Avea voluto aprire.
Li dentro era qualcuno che l’amava !
Avea chiamato tanto! tanto! tanto!
« Papà! Papà ! Papà ! »
Era caduto alfine,
rimpetto al camposanto.
Pierino s’era anch’esso addormentato
a quattro passi dal suo vecchio amico.
L’avea chiamato: il nonno
non si destava, e allor gli pigliò sonno.