C’è un altro problema. Il più bello di tutti. E’ il tempo.
Il tempo è l’unica cosa al mondo che tutti quanti conoscono e provano e che non si può nè vedere, nè sentire, nè toccare, nè dirigere, nè modificare, nè definire.
E’ inafferrabile come il pensiero. Non è in nessun posto ed è dappertutto. Non è niente ed è tutto. E’ impossibile comprenderlo.
Si può, se non immaginare, perlomeno tentare di concepire l’inizio della vita, l’inizio della materia, l’inizio dell’universo. Il big bang, sapete… Ma l’inizio del tempo? O il tempo è eterno, e allora è Dio, oppure il tempo ha un inizio, come ha un inizio il mondo. Ma quale inizio? Si fa fatica a immaginare per il tempo un inizio progressivo come per il mondo, per la vita e per l’uomo. E’ piuttosto un tutto o un nulla.
I fisici se la cavano dicendo che il tempo è una proprietà della materia e che appare con essa. Mi sembra una risposta debole.
Kant, che aveva del genio, ha un’idea astuta quando trasforma il tempo in una proprietà che lo spirito umano proietta sul mondo. Il guaio è che il tempo è esistito molto prima dell’uomo. L’uomo, o l’antenato dell’uomo, ha tre o forse quattro milioni di anni. E l’universo si sviluppa nel tempo con molto successo da quindici miliardi di anni.
Il tempo è fatto di due blocchi che si guardano in cagnesco: il passato e il futuro. Al centro, minuscolo, incastrato, irritabile, tremolante, una specie di gelatina, un perpetuo dileguarsi: il presente.
E’ assolutamente chiaro che non esiste presente.
Il presente è un limite, un asintoto, un mito. Esiste solo stadio di progetto o allo stadio di ricordo. E’ una pura assenza. Non appena dite: “il presente”, questo presente, sempre fuggitivo, appartiene già al passato. Il presente è solo la cresta dell’onda del passato che sta sommergendo il futuro.
Un poeta amato da Borges ha scritto da qualche parte: “il momento in cui parlo è già lungi da me“.
E’ ugualmente chiaro che, dei due blocchi rivali che fanno scaturire il presente nella sua inesistenza, uno continua a crescere e l’altro a diminuire: il passato sta tutto il tempo a divorare il futuro. Ogni istante che passa viene strappato al futuro e trascinato nel passato.
Ogni istante che scorre viene strappato al futuro e trascinato nel passato. Un secondo, un’ora, e perfino un giorno sono ben poco rispetto a una vita. Quasi nulla in rapporto alla lunga storia degli uomini. Niente o meno di niente – vale a dire comunque qualcosa – rispetto all’universo. Ogni secondo passato è un passo verso la morte. Ogni secondo aggiunge qualcosa, una goccia d’acqua nello spazio, un granello di sabbia tra le stelle, ai quindici miliardi di anni che sono passati sull’universo e toglie qualcosa ai miliardi di anni che costituiscono il suo futuro. A ogni istante il mondo è anzitutto la vittoria del passato sul futuro. Arriverà un giorno, o una notte, arriverà un momento in cui la scorta di futuro sarà finalmente esaurita, in cui il passato avrà fatto il pieno, in cui la fluidità del futuro e i suoi sogni di libertà saranno bloccati dal ricordo.
Sarà l’istante della morte di tutti, sarà la fine della storia, sarà l’apocalisse annunciata da san Giovanni e le trombe del Giudizio universale, sarà una contrazione dell’universo invece della sua espansione.
Sarà comunque la fine di tutto.
Resta da sapere, ma questa è un’altra faccenda, se ci sarà ancora qualcuno per ricordarsi di questo tutto tramutato in niente, che sarà stato l’essere e che sarà il nulla.
Vi potete immaginare che dopo avervi detto che il presente non esiste, vi dimostrerò che non esiste altro che il presente.
Il bello delle parole è che sono i più docili di tutti i servitori e che si può far fare loro tutto ciò che si vuole. Io non sono un esperto di filosofia, ma dai sofisti in poi tutti sanno che la filosofia consiste anzitutto nel dire in un secondo tempo tutto il contrario di quanto si è affermato nel primo. E’ ciò che si chiama dialettica ed è una cosa più seria di quanto si crede.
Allora, c’è il passato e c’è il futuro. Sono due blocchi formidabili. E’ evidente che non si entra nè nel passato nè nel futuro. E’ solo nei romanzi che si va ad esplorare il passato, che si passeggia per il futuro.
Per noi il futuro esiste soltanto allo stadio di progetto e il passato esiste soltanto allo stato di ricordo. Poichè c’è una freccia del tempo che non è reversibile, non ci si ricorda del futuro, non ci si tuffa nel passato per fare dei progetti.
Il passato ci spinge in avanti, il futuro ci aspetta dietro l’angolo. Io conosco il mio passato e non posso cambiarci nulla. In una certa misura, sono padrone del mio futuro, ma non lo conosco.
C’è il passato dissolto, familiare e perduto. C’è il futuro aperto, misterioso pieno di promesse e di timori. Al centro: il presente. Io sono insediato nel presente e , per quanto lontano guardi nel passato e nel futuro, non ero, non sono, e non sarò mai insediato in niente di diverso da questa cosa evidente e dominatrice che si chiama presente.
Nessun essere vivente abbandona mai il presente. Il presente si muove in continuazione e io mi muovo con lui. In nessun momento vado a spasso per il futuro, in nessun momento mi attardo nel mio passato.
Io sono, voi siete, tutti quanti siamo in un eterno presente. Il passato non smette mai di crescere e il futuro di diminuire. Soltanto il presente è al tempo stesso immutabile e mutevole, soltanto il presente è eterno. In nessun momento dell’esistenza usciamo dal presente. E al di là di me e voi, c’è, davanti al passato, alle spalle del futuro, un eterno presente del mondo. Nessuno sa dove sia il passato, nessuno sa dove sia il futuro. Il passato è abolito. Il futuro non è maturo. C’è sempre soltanto il presente. Soltanto il presente trionfa.
Nessuno esce mai dalla prigione del presente. Qui o là, un giorno o l’altro, appare una crepa e si apre una galleria nel muro della memoria o in quello della speranza. Ebbro di libertà, il prigioniero vi si getta dentro. Ma tutti i cammini e tutti i sotterranei danno sempre e soltanto sul presente.
La prigione è mobile. Cambia e rimane la stessa. Prende lo spartiacque tra il passato e il futuro. Galleggia sulla schiuma delle onde. Segue il filo della corrente. Le prospettive si trasformano, il paesaggio si modifica. Il mondo non è mai lo stesso. Ma la prigione c’è sempre.
La verità è che il presente non esiste, ma noi ne siamo prigionieri. Siamo rinchiusi dentro un’assenza di realtà. All’interno del tempo, il presente è, al secondo grado e a maggior ragione, un’assenza di realtà e un dominio sovrano.
Non esiste presente e mai e poi mai ne possiamo uscire.
Ecco quello che siamo: prigionieri di un nulla. Sempre sul punto di incappare in una scomparsa, immagine stessa del paradosso e del cedimento.
L’uomo esiste soltanto in qualcosa da cui non può evadere e che è già scomparsa e che noi chiamiamo il presente.