Abrielle, c’è una cosa a cui penso spesso anche io, ho sempre il dubbio di non aver vissuto abbastanza, di non aver studiato, amato, cazzeggiato, fatto abbastanza.
Ci penso davvero spesso. Poi però mi convinco di una cosa, forse avrei potuto fare di più ma evidentemente in quel momento non era la cosa che mi andava di fare, forse ho fatto poco/troppo perché in quel momento era giusto così… a ripensarci può insorgere rimpianto per ciò che non è stato ma alla fine l’esperienza è una difficile maestra: ti spiega la lezione solo dopo averti fatto l’esame, una bella fregatura.
Poi c’è da dire anche che non si è mai all’altezza delle proprie aspettative, specie se queste sono a posteriori.
Forse la vita alla fine è più banale di quanto ci si aspetti o ci si auguri, o, forse, siamo noi a non essere così interessanti ed originali come ci siamo sempre creduti…
Comunque continuo a non capire in cosa io sia diverso, fuori dagli schemi… non afferro il punto anche perché penso di essere una persona molto razionale, piuttosto facile da imbrigliare in un disperato pattern… ma mi fa piacere che tu colga un tale aspetto anche qualora non esistesse nella realtà delle cose.
Non lo so, in questo momento ti offrirei volentieri un Montenegro in un bar dei navigli, sotto la pioggia che semplifica le architetture e non bagna i cuori, scommetto che rimarremmo in silenzio per una buona mezzora e poi torneremmo a casa più tristi ed intossicati di prima. Magari in taxi ti guarderei guardare il cielo di Milano che rende tutto così uniforme, così reale, che riflette le fabbriche di mattonelle delle periferie ed i metalmeccanici che smontano alle sei di mattina quando aprono i bar vicini alle stazioni dei tram. Va bene, la smetto, sto divagando. Ma ti amo…
“farò rifare l’asfalto per quando tornerai”